Drive by James Sallis

Drive by James Sallis

autore:James Sallis
La lingua: ita
Format: epub, azw3


18.

Per molto tempo, dopo la morte di Standard, Driver non accettò altri lavori. Eppure continuavano a cercarlo. Le voci girano. Guardava un sacco di tv con Benicio, si dedicava a cucinare pasti giganti con e per Irina. «Ho imparato per autodifesa» le disse, quando lei gli domandò come avesse scoperto le gioie dei fornelli. Poi, grattugiando del parmigiano fresco, e con le salsicce che rinvenivano sul tagliere, le raccontò di sua madre. Brindarono con dell’eccellente Sauvignon Blanc, neanche troppo costoso.

Uno o due giorni la settimana, si recava agli studios a fare la sua parte, nulla di più e nulla di meno, e tornava a casa prima che Benicio uscisse da scuola. Gli assegni mensili di Jimmie crescevano. Avrebbe potuto andare avanti così per sempre. Ma le cose belle non durano, come recitava una poesia che aveva imparato al liceo.

Difficile accorgersene senza guardare il calendario, a L.A., ma nel frattempo era arrivato l’autunno. Le notti erano fresche e ventilate. Ogni sera la luce andava ad appiattirsi sull’orizzonte, in un eroico tentativo di resistenza, per poi svanire.

Rientrata a casa dopo una giornata di lavoro al pronto soccorso della zona – l’avevano assunta da poco come inserviente – Irina riempì i bicchieri.

«Brindiamo a…».

Nei ricordi di Driver ci fu il bicchiere che cadeva a terra, frantumandosi in mille pezzi. Ci fu il fiotto di sangue che le uscì dalla fronte per grondarle sulla guancia, mentre Irina tentava di sputare ciò che aveva in bocca nell’attimo della caduta. Ci fu il suo tentativo di sorreggerla mentre andava giù. Ma di quel che era successo dopo, Driver non ricordava poi molto.

Bande rivali, gli avrebbe poi detto la polizia. Dispute di territorio, pensavano.

Irina morì poco dopo le quattro di mattina.

Driver non poteva vantare alcun diritto legale, e quindi Benicio fu spedito dai nonni a Città del Messico. Continuò a scrivere al bambino per un anno e forse più, e lui gli rispondeva con disegni che Driver appendeva al frigorifero di ogni appartamento in cui si trasferiva, quando il frigorifero c’era. Per qualche tempo, si tenne in movimento, cambiando casa ogni mese o due, dalla vecchia Hollywood a Echo Park fino a Silverlake, convinto che gli potesse far bene. Passò del tempo, cosa questa che il tempo sa fare benissimo. Poi, un giorno, si rese conto che da un pezzo non aveva notizie di Benicio. Tentò di chiamarlo, ma il numero era stato disconnesso.

Non tollerava più la solitudine, gli appartamenti vuoti, le lunghe ore d’inattività. Decise quindi di tenersi occupato. Accettò tutti i lavori che gli venivano proposti, e ne cercò ancora altri. Ebbe persino una battuta in un film, la volta che un attore si sentì male mezz’ora prima del ciak.

Fu il regista a insegnargli come fare.

«Insomma, tu arrivi in macchina, e c’è questo tizio. Scuoti il capo, fai come se ti dispiacesse per quel povero stronzo, poi scendi e ti appoggi alla portiera. “A te la scelta,” gli dici. Chiaro?».

Driver annuì.

«Cazzo, avevi davvero l’aria minacciosa» gli disse più tardi il regista, in pausa pranzo. «Tre parole, cazzo, tre parole e basta.



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